mercoledì 3 ottobre 2007

Sullo zero ci siamo


Se la qualità della vita di ciascuno si potesse misurare da quello che si vede dalla propria finestra, allora sarei autorizzata a pensare di vivere in un campo zeppo di reperti d'archeologia industriale.
Scambiare un pezzetto del Golfo di Napoli con un'acciaieria dismessa non è esattamente il massimo dell'appagamento estetico. Ho zanzare e infiammazioni a sufficienza quando fa caldo, e un gatto ruffiano che si strofina ai miei piedi e domanda qualsiasi sostanza commestibile quando il tempo è meno clemente.
Ironia della sorte, la luce arriva fioca anche qui, come in tutte le mie case napoletane. Con la sola differenza che qui la civiltà è arrivata e ha portato il riscaldamento condominiale. Mi spalmo addosso la crema abbronzante prima di andare a dormire. E poi chiudo gli occhi e immagino quanta ironia debba ancora riservarmi l'indomani.
Se lavando bicchieri con cura certosina e preparando caffè in un ristorante pensavo - in tempi più cupi - che tutto fosse il preludio di una ritrovata futura garanzia di poter scegliere, e non essere scelta dalle cose... e se improvvisando piece senza copione tentando di vendere bibbie porta a porta immaginavo di scrivere l'epopea del precariato moderno... se distribuendo volantini per un parrucchiere che mi ha tagliato i capelli una sola volta - e pure male - contavo i miei 3 euro in tasca pregustando carrelli pieni di vivande inutili al supermercato... ebbene, quel che accade ora supera di gran lunga ogni scherzo passato.
COSA CI FACCIO QUI, COSA FACCIO, PERCHE', PERCHE', PER COME E PER QUANTO?!?
Dev'essere il giusto contrappasso per i libri troppo poco pragmatici che ho letto, o l'ennesima prova di resistenza. O un semplice insegnamento: se vuoi scrivere per mestiere e assicurarti uno stipendio fisso devi vestire le parole di abiti non tuoi. Perchè quando sei tu a sceglierne i vestiti non è proprio un mestieri retribuito regolarmente, o almeno suppongo.
Nell'ultimo anno ho cesellato le parole degli altri, ho scritto nel loro stile imparando il vocabolario della pianificazione ambientale, dell'urbanistica, della botanica, del marketing, dei nuovi device, dei videogame e della buracrazia. Soprattutto della burocrazia.
Non riesco ancora a liberarmi di programmazione, azione, al fine di, multiplayer, DTT, multicanale, suite di giochi, al fine di, in tal modo, pubblicizzazione, intervento, misura, fattibilità, zonizzazione, controllo di gestione, overhead, recettività, strategia, framework, piattaforma.
Leggo Proust per disintossicarmi: di arzigogolato ha molto anche lui, ma viaggiamo su binari diversi, e mai si sognerebbe di affidare a Swann l'impianto di nuove specie arboree in un'applicazione multipiattaforma implementata in linguaggio Macromedia Flash. Cosa dico? Non mi capisco...
Così mi sono riappropriata del mondo esterno e ho comprato una tv, dopo un anno di soli giornali. Ma è spenta da mesi. Non riesco ad abituarmici, sicchè cerco un po' di musica adatta a una pizza sottile con origano... nessuno ha educato i pizzaioli all'uo del basilico - mi domando - e sorseggio una birretta che ha il sapore di piazze napoletane e nottate senza sonno con le rondini che mi ronzavano sul tetto e si accoppiavano senza sosta. Chi ha pensato alla metafora dei ricci?
Il telefono squilla, il cellulare pure, sono troppo loquace o silenziosa, qualcuno ne approfitta e mi racconta del colore del fasciatoio della propria infanzia o del prossimo concerto al Circolo degli Artisti.
Neruda diceva (così almeno me la ricordo): "Io sono trecento, quarantasei o sette. Con umiltà sto sistemando i mie conti per ritornare a zero e congedarmi". Non so se i numeri fossero proprio quelli, non so che numero sia io stessa, ma sullo zero ci siamo.
Mattina, metro gremita di gente. Sullo zero ci siamo.

1 commento:

Vilipendio ha detto...
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