Questa mattina ho aperto gli occhi alle 5, mio malgrado. I soliti tre quarti d'ora per carburare, due caffè scolati d'un sorso con rispettive sigarette, un occhio all'orologio e l'altro alla parete ricoperta di foto di quando c'ero anch'io. La mia ultima mezz'ora a Napoli. Gli ultimi trenta minuti di una parentesi come sempre breve da quando l'ho lasciata.
Arrivo puntualmente trafelata il venerdì notte o il sabato nel tardo pomeriggio. Lo sanno tutti, anche quando cerco d'ingannare me stessa dichiarando che arriverò prima. Ma me la prendo sempre comoda, perchè più dolce ancora dello sbarco c'è l'attesa. E io aspetto di arrivare, aspetto in realtà anche di partire, come se prolungare l'attesa dilatasse la mia permanenza. Ma se la matematica non m'inganna alla fine non fa che ridurla. E lo sbarco si tinge subito di spazzatura e gente d'ogni etnia e inciviltà e calore. Su un taxi percorro Corso Umberto e mi accorgo di non ricordare più il nome dell'albergo vicino casa. Fuochi d'artificio. Chi avranno scarcerato stavolta... sono per me, mi convinco, me li regalo io per queste 36 ore nel passato.
Così cominciamo. Patisco un freddo di cui non avevo più memoria, quello di una casa senza riscaldamento che mi ha causato sciatalgia e reumatismi. Fumiamo. Beviamo caffè come se fosse acqua. Giro di carte, cornetto di notte, due libri e un indumento peccaminoso da regalare, una lettera che diventa una barchetta di carta che non so più comporre, sonno frammentato. E poi ancora luce, freddo, fumo, pasta al sapore di mare, mozzarelle impanate, salsiccia alla piastra, patatine, vino rosso e acqua da Nennella, caffè e sigarette, di nuovo casa, fumo, rucolino e cioccolata, la luce di una stufetta che ci illumina le ombre del viso, cuscinate e quattro ore di accanimento sulla settimana enigmistica. Così vi lascio di nuovo. E ogni giorno mi chiedo se sia necessario. Anche se quella vita non è più la mia, anche se un tempo si poteva perchè ero io che potevo, e ora non potrei perchè non mi è dato... Uff, devo ancora smaltire. I postumi. Ma da dodici ore sono già nell'altra vita.
Se sono due le vite che abbiamo, allora questa è falsa: la vera è sempre rimasta giù con voi.
Così cominciamo. Patisco un freddo di cui non avevo più memoria, quello di una casa senza riscaldamento che mi ha causato sciatalgia e reumatismi. Fumiamo. Beviamo caffè come se fosse acqua. Giro di carte, cornetto di notte, due libri e un indumento peccaminoso da regalare, una lettera che diventa una barchetta di carta che non so più comporre, sonno frammentato. E poi ancora luce, freddo, fumo, pasta al sapore di mare, mozzarelle impanate, salsiccia alla piastra, patatine, vino rosso e acqua da Nennella, caffè e sigarette, di nuovo casa, fumo, rucolino e cioccolata, la luce di una stufetta che ci illumina le ombre del viso, cuscinate e quattro ore di accanimento sulla settimana enigmistica. Così vi lascio di nuovo. E ogni giorno mi chiedo se sia necessario. Anche se quella vita non è più la mia, anche se un tempo si poteva perchè ero io che potevo, e ora non potrei perchè non mi è dato... Uff, devo ancora smaltire. I postumi. Ma da dodici ore sono già nell'altra vita.
Se sono due le vite che abbiamo, allora questa è falsa: la vera è sempre rimasta giù con voi.
5 commenti:
Mi hai fatto venire in mente i versi di "Hotel Supramonte" di De Andrè: "una lettera vera di notte, falsa di giorno". Ma secondo me sono molto più di due le vite che viviamo.
E' tutta colpa del Faust di Pessoa, l'ho visto a teatro qualche tempo fa, mi ha colpito la continua lotta tra desideri e necessità quotidiane legate alla sopravvivenza.
Forse hai ragione, sono più di due, ma preferisco pensare che siano due le macrocategorie...
Come sempre mi stupisce la tua capacita' di raccontare cio che ti circonda..amo leggere cio' che scrivi,il tuo candore nel raccontare le cose...e' vero le vite ci hanno divise ci hanno portato ad essere lontane a nn poter vivere come una volta la quotidianita' insieme...ma ricorda che una parte di te e' sempre qui con me,con noi.NOI PER FORTUNA SIAMO QUELLE DI SEMPRE!
Eh si tutto colpa di Pessoa :-) Abbiamo due vite quella falsa e quella...
Sensazioni simili alle tue, dopo essermi trasferito, pian piano ritornare mi cominciava a dare fastidio, la mia vita continuava a vivere senza di me...ora come avessi dimenticato, sempre più rare...a volte mi mancano. :-)
Provi fastidio quando ritorni? Io no, sento solo una terribile stretta al cuore. Ma la sensazione è sempre quella di non fare più parte del tutto, di rievocare cose, emozioni e ricordi oramai irrecuperabili.
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