mercoledì 28 novembre 2007

Regalo di Natale anticipato

Oggi la mia azienda mi ha fatto un regalo. Un presente natalizio che giunge inaspettato un mese prima del dovuto. Cinquantadue etichette adesive da preparare per i pacchi dono da inviare a clienti e partner illustri (quelli del mio capo, per il momento).
La scelta è ardua. Si è dibattuto per un mese sull'opportunità di regalare babbi natale di cioccolato scadente o pennette USB da 512 Mb.
Alla fine si è ragionevolmente optato per oggetti top class, così suddivisi:
fascia altissima - libro d'arte;
fascia alta - orologio con logo aziendale stampato sul vetro (sul quadrante non c'è più tempo, la consegna è prevista per il 9 dicembre);
fascia altina - hub USB a forma di bocca prominente e siliconata (si straperanno i capelli per questo);
fascia presumibilmente alta ma in realtà media - porta biglietti da visita;
fascia pezzenti ma degni comunque di cenno - cartolina virtuale.
Dopo settimane di attacchi isterici collettivi il Presidente, i dirigenti tutti e il responsabile dell'area marketing hanno finalmente deliberato.
Ricchi premi e cotillion. Per noi poveri collaboratori neanche la tredicesima, ahimè. Se tutto va bene - e ce ne vorrà di culo - babbi natale di cioccolato scadente per tutti. Un Natale coi fiocchi. E la diarrea.

martedì 27 novembre 2007

L'ammutinamento dei lombrichi

"Io questo non lo firmo". Sedizione n.1.
Passaggio di consegna, lo farà un altro.
"Io questo non lo firmo". Sedizione n.2.
Così due lombrichi nella terra dei giganti rifiutano di farsi carico di importi favolosi, che al massimo riesci a vedere se partecipi a "Chi vuol essere milionario" e hai il culo di arrivare fino in fondo.
Non è una gran cosa in realtà. Ti tieni al riparo da eventuali beghe future ma non sei fuori dalla cacca.
Densa, scura, compatta, merdosissima cacca.
Forse fuggire si può prima che la barca affondi. Sommersa dalla cacca.

domenica 25 novembre 2007

Vite di uomini non illustri

Oggi ho parlato di te, mio caro amico senza più un volto. Non ricordo più che faccia hai. Ero giovane e ingenua, passavo il tempo a ribadire la distanza dalla gente e guardavo i tuoi modi gentili con sospetto. Ma tu sapevi tante cose prima di me. Hai letto libri che io ho apprezzato solo più tardi. Primo fra tutti "Cent'anni di solitudine".
Un giorno ti ho prestato "Vite di uomini non illustri" e tu l'hai adorato. Saresti stato uno di quelli. Una personcina anonima e delicata, di cui non avrei più saputo con chi parlare dopo che sei andato via.
Chi ti ha preso ha scherzato con le leggi della natura, ha fatto di te un aneddoto ridicolo. C'è una canzone che ci lega, "Tell her you saw me". L'avevi registrata su una cassetta mista, assieme ad altri pezzi di Pat Metheney. L'ho riascoltata ad oltranza quando me l'hanno detto. Anche questo sapevi già. Per tutte le volte che non ti ho chiesto di restare, per tutte le volte che non ho saputo apprezzarti, per tutte le volte che fumavi una sigaretta col risucchio.
Non ricordo più che faccia hai, e non c'è luogo al mondo dove potrei sperare di rivederla. Piccolo uomo non illustre, ho fame di te e nessuno a cui raccontare chi eri. Nessuno che ti conoscesse. Se solo riuscissi a sognarti ancora una volta... ma tu non mi parli mai. Mi guardi e annuisci, o disapprovi con lo sguardo. Anche in sogno sai tutto prima di me.
Non ricordo più che faccia hai...

sabato 24 novembre 2007

All work and no play makes Jack a dull boy

C'è una mostra imperdibile al Palazzo delle Esposizioni. Tutto Kubrick. Investite almeno un paio d'ore della vostra giornata e calatevi negli antri oscuri di questo visionario scomparso sin troppo presto per noi avidi assetati di suggestioni visive.
Si va dai primi passi come fotografo a film come a "Paura e desiderio", "Il bacio dell'assassino", "Rapina a mano armata". Mi sembra quasi scontato ometterne le opere più celebri, perchè Lei, maestro, merita d'essere conosciuto e riconosciuto senza bisogna di citazioni.
Potrei raccontarvi quello che troverete. Quello che vi aspettate di trovare: copioni, piani di produzione, falli-soprammobile, scimmioni e asce.
Il mio occhio è caduto su una macchina da scrivere, affiancata da una pila di fogli. "All work and no play makes Jack a dull boy". Un'unica frase ripetuta su ogni riga. Una frase che è stata concepita differentemente per ogni paese straniero per il quale si è provveduto alla distribuzione. Ma è una falso, ahimè. Quindici minuti di autentico incanto per scoprire che è una copia. Come potrebbe essere lasciata lì in bella vista, incustodita e alla mercè di tutti, quella macchina... Certo, ma le mie teorie museali - figlie di un cultore della tradizione popolare quale fu Ettore Guattelli - imporrebbero una fruizione sana e diretta degli oggetti. Ma non si può, me ne rendo conto. Nulla, è un falso. Come i falli di "Arancia meccanica" del resto, come i tavolini femminilizzati. Quel che c'è di vero non lo racconterò. Lo lascerò scoprire a quanti avranno il buon senso di andarci. Calatevi nella precisione maniacale di ques'uomo. Troverete i provini di un film mai girato a causa dell'imminente uscita di "Schindler's list", i disegni preparatori di A.I., obiettivi, pagine di giornale e una sedia a rotelle. Sì, in cima a tutto una sedia a rotelle.
Ultima cosa: Kubrick è al secondo piano. Dovrete prima affrontare Rothko. Non lo amo, ahimè (salvo forse per la fase "metropolitana"). Ma con un po' di pazienza riuscirete anche a stanare un'ala dedicata al sorprendente Ceroli, che ha lamentato la collocazione dimessa (io direi nascosta, semmai) attribuendo il tutto alla KAPPA. Sì, Ceroli non ha una "K" nel cognome, a differenza di Kubrick e Rothko. Per rimediare se l'è messa da solo: Keroli, tra le montagnelle di polvere colorata. Keroli che usa legno e cenere. Keroli che "polverizza" cielo stellato e un secolo di storia. Keroli e i sei personaggi in cerca d'autore.
Forse è vero, delle volte se non hai la KAPPA non vai lontano.
Buona visione a tutti,
Evitak

Di coltelli e altre mortificazioni

Ogni cosa tace. La mia formazione magico-letteraria mi ha imposto di cercare segni che raccontassero di un uomo scomparso nelle trame del quotidiano. Ma ogni cosa tace.
Questo mi ha logorata più di tutto. Che le cose abbiano smesso di incastrarsi, che non ci sia soprannaturale nell'ordinario, che le mie sensazioni non si specchino più nella realtà.
Il realismo magico con cui l'ho evocato è rimasto un artificio letterario. Forse sono un'eretica da condannare al rogo se dichiaro di averlo avvertito, e sentito, e sfiorato.
"Suonami come io ti scrivo" - imploravo - "ma cessa di tenermene all'oscuro, perchè io devo sapere". Dov'era l'universo che cospirava a mio favore e come aveva incasellato i suoi ricordi, visto che sembravano tanto diversi dai miei?
Se un filo esiste e su di esso camminiamo bendati e senza rete, procura di tirarlo dalla tua parte, perchè io cada o arrivi da te. Non muovere un passo allora, resta fermo e comincia a tirare. Ma non so se verrò.
Mi sono inventa ogni giorno. Mi sono costruita a mio piacere. Sono nata ogni volta in una miriade di libri, film e canzoni. Disegnata ogni giorno per essere come avrei voluto. Sembro la macchietta di un film comico di terz'ordine, un cartone animato, un fumetto. Se gli standard sono alti non è detto che il risultato poi sia dei migliori. Ma non importa. Davvero, non importa.
Così ho smesso di cercare corpi e sono andata per coltelli. I coltelli che fanno sanguinare il taciuto e stillare verità. "Coltelli affilati ma misericordiosi, una parola senza pelle".
Non mi serve più un corpo, non so che farmene. Ho bisogno di parole, sono affamata di sostantivi e verbi, aggettivi, preposizioni e onomatopee. Solo parole. Cerco strumenti di tortura che mi costringano a tornare a me stessa.
"Quando la parola si farà corpo e il corpo aprirà la bocca e pronuncerà la parola che l'ha creato, abbraccerò questo corpo e lo adagerò al mio fianco" (Hezi Leskli, "Quinta lezione d'ebraico" da I topi e Leah Goldberg)

venerdì 23 novembre 2007

Quando una certa destra si copre le pudenda

Spero saranno in molti domani a scendere in piazza. E dico molti, non molte, perchè prendo le distanza da un certo femminismo incapace di condividere le proprie cause con chi, per natura, appartiene all'altra parte della barricata. Perchè non tollererei un corteo mono-genere.
Oggi sul Manifesto c'è un articolo illuminato di Tamar Pitch, che racconta con grande acume tutto quello che io, ieri, non ho saputo dire. Me misera. Ho il lessico scarso.
Un piccolo aneddoto: anche vicino casa campeggiava un manifesto come quello - indicibile - affisso da un gruppo pseudo-politico - altrettanto indicibile - che ieri mi ha guastato il pranzo. E' stato coperto. Da una composizione a sfondo rosa (tanto chic che pare propagandare altro) e il viso di una donna che appena si intravede. Porta la firma di AN. Per la giornata contro la violenza sulle donne. Devo forse dire grazie a loro se i miei occhi non sono più obbligati a inorridire? E' quasi comico... ringraziare AN e osservare che anche una certa destra si copre la pudenda.

giovedì 22 novembre 2007

Il boccone in gola

Stavo pranzando nella solita piazzetta dove fuggo quando è ora di pranzo. In compagnia, negli ultimi mesi. Oggi sola. Una pessima pizza rustica comprata all'alimentari là vicino, poi due sigarette aspirate tutto d'un fiato, lo sguardo che si solleva quasi su comando ed ecco che mi ritrovo l'ennesima immonda oscenità che campeggia in tutta Roma da qualche tempo.
Una scena di abuso è sempre un pugno nello stomaco per me, sia che si tratti di un film, un trailer, uno spot, la pagina di un giornale, il racconto di qualcuno, una notizia al tg. Devo chinare la testa, volgere gli occhi altrove senza che nessuno lo noti e ascoltare il meno possibile. Non rifiuto di conoscere, ho orrore dell'atto.
Ho orrore dell'uomo che col suo abuso ha ispirato quest'atto di propaganda xenofoba, ma ancor più di chi ha partorito questo manifesto. Perchè deve essersi impegnato per cercare un'immagine consona all'argomento. Quest'uomo
- perchè di uomo si tratta - non sa cosa significhi per una donna trovarsi davanti uno scempio del genere. Quest'uomo parla ad altri uomini e poco se ne frega se sono i primi a perpetrare abusi domestici, o farsi le seghe pensando alle ragazzine che escono da scuola, o adottare la forza quale solo strumento di piacere.
Quest'uomo vuole ignorare che esiste il reato di stalking e solo pochi giorni fa si è discusso il disegno di legge proposto dalla Commissione Giustizia della Camera. Quest'uomo vuole condannare e non sa farlo. Declama la barbarie di un gruppo facendo di ogni suo componente un barbaro. Quest'uomo, che per chissà quale malata deviazione ideologica ha fatto del disprezzo un credo, vuole giudicare senza essere giudicato. E da donna provo pena per quel che vedo. Quell'uomo parla ad altri uomini come lui e di noi, amiche, fanciulle, amanti, mogli e sconosciute, proprio se ne frega.

mercoledì 21 novembre 2007

Franco è morto, W Franco (morto)

Ieri sera Olga ha festeggiato, come da ventisei anni a questa parte, la morte di Franco. Ogni 20 di novembre - cascasse il mondo, ignorando anche mestruazioni, mal di testa, impegni di lavoro, rendez-vous, malumori e disgrazie - Olga prepara una cena per gli amici. Come suo nonno le ha insegnato. Ma si cominciava dal mattino, quando lui era ancora vivo. Niente scuola, colazione buona, festa e urla di giubilo: "Franco ha muerto!". Evviva Franco. Certo, poteva perire un po' prima.
Tutti i dittatori dovrebbero perire prima del tempo. Prima della morte a loro predestinata, prima di prendere il potere, prima di scegliere di non innamorarsi, prima di nascere - nell'utero ancora - prima di essere concepiti.
Retorica banale, la mia. Ancora più banale la giostra del caso. Una concomitanza di eventi che attende più del dovuto per verificarsi, sino a che il grottesco diventa ineluttabile. Franco malato, in ospedale sotto i ferri, e la luce va via.
Il film della serata (visto, rivisto e rimirato): "Il labirinto del fauno". A guardarlo se ne capisce il perchè.
P.S. Olga è galiziana. Mi porta sempre un licor cafè buonissimo. Mi ci ubriaco con quello. E penso: "Perchè sono ancora qui...". Il vino di mio nonno non mi faceva questo effetto.

domenica 18 novembre 2007

Le due vite che abbiamo

Ho visto il Faust di Pessoa questa sera. Un adattamento ispirato all'opera del portoghese che sublima la frammentazione dell'io e rigetta l'amore quale ridicolo, ridicolissimo orpello di un altrettanto ridicolo - perchè inconsapevole d'esserlo - autore di lettere intrise di sentimento e passione.
Sono due le vite che abbiamo, egli dice. Una vera e una falsa. Quella vera è la vita che sognamo da bambini, e continuiamo a sognare per tutta la vita. La falsa è quella che ci tocca vivere ogni giorno: è concreta, insipida, ma necessaria per la sopravvivenza.
"Un bacio... non mi piace, non mi piace il gusto che ha... non è per me". E Faust/Pessoa, che ha scelto mille vite e nessuna, è dilaniato dalle vocine che si dimenano nella sua testa, ha conosciuto il sogno, che è diabolico ma vero al tempo stesso, e rinunciato alla sua vita falsa - dove troverebbero spazio amore e comprensione - solo perchè concreta, insipida e necessaria.
Diavolo di un demonio, dev'essere ogni dì al mio fianco a sussurrarmi il testo, intonare la musica e proiettare le immagini dei miei sogni. Sono vite vere che non ho vissuto. Sono vite dannate per le quali non mi sono ancora perduta.

Com'è profondo il mare, venti e più volte




Triste presagio della giornata da trascorrere, l'i-Pod che flippa.
Non legge le tracce: le scorre in rapida successione eccetto la prima del dì quella che scegli a casaccio prima di salire in metro, perchè il treno è arrivato all'improvviso, la folla preme e tu hai bisogno di musica, di qualunque musica pur di non farti mancare l'aria nel contatto fisico ravvicinato - bocche contro bocche, aliti del mattino, borse schiacciate sul seno e panze floride. Una musica a caso, tanto proprio schifo non ti fa
rà, non l'hai messa a caso sull'i-Pod.
E io ho cominciato la giornata con "Com'è profondo il mare"... Una, due, tre, quattro, cinque... Quanto dura? Sei minuti e trenta? Con metro + a utobus impiego cinquanta minuti per arrivare a lavoro, dunque... no, sono andata alla Posta pure, a spedire una cazzo di raccomandata per l'ufficio, mai spenti l'i-Pod, quindici minuti tra fila e operazione, cinque di attesa autobus, ergo 50+15+5=70, che diviso 6.30 fa più o meno
undici volte lo stesso pezzo. Ho atteso parecchio l'autobus al ritorno. Raddoppiamo il tutto. E siamo a ventidue. No, sullo zero non ci siamo proprio oggi.
E' chiaro che il pensiero dà fastidio anche se chi pensa è muto come un pesce, anzi è un pesce e come i pesci è difficile da bloccare... e lo protegge il mare, com'è profondo il mare. Certo, chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche, il pensiero come l'oceano non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare... così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno spiegando il mare...

venerdì 9 novembre 2007

Amici miei - Atto I

Marta butta il sangue in un call center. Piazza assicurazioni. Entra tutti i giorni controvoglia nelle case della gente, li circuisce malvolentieri e cerca di convincerli del radicale miglioramento della qualità della vita dovuto all'acquisto di una carta servizi. E' la prima a sostenerne l'inutilità. E' pagata per asserire il contrario. Nel frattempo scrive e dichiara di voler fare il soldato semplice. Le ho rubato quella che poi è diventata la mia massima esistenziale.
Gloria ha abbandonato il mare di Sardegna. Vive in un appartamentino con vista su un palazzone in cemento armato e si chiede di quale malattia si sia ammalata. Quella di tutti, le rispondo. Non è lei inadatta alla vita, è la vita inadatta a noi. Mi insegna la semplicità del desiderare cose semplici.
Elena si modella giorno dopo giorno rispetto alle esigenze di un mercato in continua evoluzione. Elena lavora in un ambiente high profile, up-to-date e very very greed. Dice che smetterà, ma non lo fa. Vuole essere altro, io lo sento, ma è quello che qualcun altro vuole.
Alfonso è un mancato tutto. Un musicista mancato, uno scrittore mancato, un artista - nel senso più ampio del termine - mancato. E' un futuro giurista che fa dei suoi hobby una forma di ribellione, è il rivoluzionario dei punti Feltrinelli, uomo dalle mille qualità che si guarda bene dall'elevarle a mestiere. E' Hervè Joncour che guarda l'ispiegabile spettacolo, lieve, che è la sua vita. Quando troverà il coraggio di scegliere, tra due giorni, cinque o vent'anni, sarà ancora giovane. Giovane e lieve, come la sua vita.